Una voce che viene da un Paese vicino eppure lontano, quella di Luljeta Lleshanaku, la poetessa che ha avviato gli “Incontri con l’autore” del liceo “Roncalli”, incontrando martedì 6 maggio scorso studenti e cittadini presso il LUC “Peppino Impastato” di Manfredonia.
Considerata all’estero una delle voci più autentiche della poesia albanese (in italiano c’è una raccolta, Antipastorale, pubblicata da LietoColle), Lleshanaku proviene da una famiglia che ha subìto forti persecuzioni per via della opposizione al regime comunista di Enver Hoxha. Discriminata lei stessa dal regime, fin dall’infanzia Luljeta ha scoperto la poesia come missione, strumento per dare voce al suo popolo ed alla sua ansia di libertà. Alla fine del comunismo (che le aveva impedito anche di frequentare l’università), l’Albania si è aperta al mondo occidentale, alla democrazia ma anche al consumismo. Ma si era più liberi prima o si è più liberi adesso?, ha chiesto la poetessa. La risposta non è facile. Il compito del poeta non è quello di giudicare, ma di interpretare la realtà, di ascoltare le storie e di raccontarle. Agli studenti, Lleshanaku ha spiegato il valore della poesia, la possibilità che essa offre di liberarci dall’inganno dei beni effimeri e di entrare profondamente in contatto con noi stessi e con gli altri.
Durante l’incontro diverse poesie di Lleshanaku sono state lette da Giustina Ruggiero, con l’accompagnamento alla fisarmonica di Michele dell’Anno.
La prima poesia, Il mistero delle preghiere, racconta la preghiera sotto il regime, quando la religione era bandita e pregare era una cosa da fare in segreto e di nascosto (“una debolezza / di cui non si parlava mai”). Commentando la poesia, Luljeta si è soffermata sul tema della fragilità e della debolezza, che colpiscono anche le persone apparentemente più solide; ha spiegato poi che con la sua poesia non intende dare nessuna risposta definitiva, ma aprire le porte dell’immaginazione – perché questo, e non altro, è il compito del poeta.
In Quando l’amore fa un cenno l’autrice affronta il tema dell’amore, questo azzardo dal quale cerchiamo di difenderci, senza riuscire a sottrarci di volta in volta alla tentazione di ripercorrere la sua strada, “come il tocco metallico del proiettile / che, lungo l’assedio / il buon soldato / riserva per sé”.
L’altra parte della montagna è un componimento di grande valore sociale in quanto affronta il tema dell’emigrazione e degli incontri interculturali, che non possono che essere positivi nella società di oggi. Tutti devono sentirsi cittadini del mondo per affrontare gli altri con solidarietà e non con i pregiudizi tipici delle società odierne. Ma è anche importante ricordare, afferma la poetessa, che spesso il voler ricercare il diverso ci porta verso delle illusioni e ad estraniarci dalle realtà più vicine a noi, che vedremo con sguardi diffidenti e amareggiati.
In Meditazione con la schiuma in faccia Luljeta affronta il tema della virilità, mettendosi nei panni di un ragazzo che si rade la barba ricordando l’analogo gesto di suo padre, che radendosi gli insegnava da piccolo le regole dell’essere maschio:“La forza del maschio, figlio mio, si misura dalle cose che non fa. / La passione va tenuta segreta, come il frutto della rapa”.
In Gente tradita parla del tradimento: di donne tradite “come la taglia smessa di una camicia”, ma anche di uomini traditi“come angeli neri / con spalle sempre minacciate dalle fiere”: per entrambi essere traditi è accettare la sorte come viene,“come si può accettare l’acqua in un bicchiere non lavato”. Cercando di farci accettare dagli altri, ha spiegato la poetessa, finiamo per rinunciare al nostro vero essere ed a tradire noi stessi.
Particolarmente apprezzata è stata la lettura, da parte dell’autrice, di una poesia in lingua originale, che ha consentito di apprezzare la dolcezza e la musicalità della lingua albanese.
In conclusione Luljeta Lleshanaku ha risposto alle domande delle studentesse, toccando ancora il tema fondamentale della libertà, ma anche quello della poesia e della sua traducibilità/intraducibilità (secondo il famoso detto: traduttore/traditore).
L’incontro, che rientra in un progetto dei docenti Enza Armiento e Antonio Vigilante, è stato reso possibile dalla collaborazione della professoressa Angela Hallerbach e dalla disponibilità diDebora Amarù, che ha messo a disposizione la sala del LUC, e dell’Assessore alla Sicurezza e Pubblica Istruzione del Comune di Manfredonia Antonella Varrecchia, che a conclusione dell’incontro ha fatto dono a Luljeta Lleshanaku, a nome della Città, della riproduzione di una stele daunia, simbolo della nostra terra, vicina all’Albania per la condivisione dei profondi valori della civiltà mediterranea.