Mercoledì 30 Aprile, nella giornata inaugurale del “12° Salone Nautico di Puglia” si è svolto in Brindisi, presso la “Sala Rossa” dell’Hotel Internazionale, il convegno dal titolo “La nuova organizzazione dei porti pugliesi”, organizzato da Raccomar Puglia (Associazione Agenti Raccomandatari Marittimi Puglia) in collaborazione con la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Brindisi e con il patrocinio di Fedespedi (Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali).
Oggetto di discussione sono state le prospettive sino ad oggi note della imminente riforma della portualità e della logistica che il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, si è impegnato a presentare entro la metà di maggio. Tale riforma prevede, tra le altre misure, una aggregazione delle 24 Autorità Portuali attualmente istituite in un numero minore di enti dotati di poteri di coordinamento e di indirizzo, nonché di autonomia finanziaria.
Ciò scaturirebbe dall’adozione di un “Piano nazionale dei porti e della logistica”, un atto di indirizzo strategico per la definizione dell’assetto della rete portuale e della logistica del nostro Paese, nel quale le esistenti Autorità Portuali verrebbero inserite in un più ampio contesto di distretto logistico, la delimitazione dei distretti logistici e l’identificazione dei porti inclusi in ognuno dovendosi effettuare sulla base di criteri diversi, tra i quali l’appartenenza alla rete di trasporto trans-europea “TEN-T”, nell’intento dichiarato di adeguare le strutture portuali alle reali esigenze gestionali e commerciali così come delineatesi in questi ultimi anni in funzione europea.
Il porto di Brindisi sarebbe inserito nel distretto del Basso Adriatico-Ionio insieme, tra gli altri, ai porti Bari, Taranto e Manfredonia (per citare solo i porti sedi delle Autorità Portuali istituite in Puglia dal 1994 ad oggi), in un distretto logistico allargato cioè, governato da una “Autorità portuale e logistica”, una Authority di sistema accentrata (con sede da definire, pur se da più parti viene indicata quella di Bari come probabile), con una ristrutturazione dei servizi e degli uffici periferici.
La discussione di ieri pomeriggio ha impegnato, oltre ai presidenti delle Autorità Portuali di Brindisi e di Taranto, rispettivamente Hercules Haralambides e Sergio Prete, ed al presidente della Autorità portuale del Levante, Franco Mariani, anche il presidente nazionale di Federagenti, Michele Pappalardo, il vice presidente nazionale di Fedespedi, Luca Ricolfi, nonchè il presidente della C.C.I.A.A. di Brindisi, Alfredo Malcarne ed il sindaco di Brindisi Consales. Ha moderato la tavola rotonda Abele Carruezzo, direttore scientifico del Periodico “IL NAUTILUS, che ha presentato l’incontro come un tentativo di delineare un futuro possibile, sostenibile e fattivo per il porto brindisino, attraverso il contributo di tutti gli stakeholders, rappresentati adeguatamente nella discussione.
Nel prender la parola il sindaco Consales ha definito stimolante la materia del dibattito, sottolineando come sia necessario far crescere l’intero sistema pugliese integrato della portualità, perchè funzioni al di là delle logiche di campanile e si ponga obiettivi di competitività negli scenari internazionali. La regia della Regione Puglia è sin qui mancata, secondo Consales, in quanto la stessa non ha svolto “né attività di guida nè di indirizzo”, limitandosi esclusivamente a svolgere un ruolo “notarile” che di certo non ha aiutato il legislatore nazionale ed il governo nelle sue scelte strategiche, rimarcando altresì che non è sufficiente che l’Authority resti a Brindisi perché un futuro prospero della città tutta sia assicurato.
Intervenuto per portare il proprio saluto di benvenuto, il vicepresidente di Raccomar Puglia, il brindisino Teo Titi, ha poi definito una “opportunità preziosa per il dibattito” la circostanza che il governo non abbia ancora deciso nulla.
Di nuova opportunità per una costruttiva discussione ha parlato anche Alfredo Malcarne, di recente confermato alla presidenza della C.C.I.A.A. di Brindisi che, nel definire il porto un “bene economico e volano di sviluppo, gate fondamentale per la retroportualità e l’economia dell’agroalimentare” ha sottolineato con forza la necessità di una discontinuità “con quanto accaduto sino ad oggi”, in vista di un “efficientamento dei costi delle aree portuali e retro portuali” che implichi una “progettazione che non si fermi alla banchina, come nel passato recente, ma che guardi al mare, ai traffici”, direzione nella quale potrebbe e dovrebbe muoversi la riforma del Ministro Lupi.
Abele Carruezzo ha poi chiesto al dott. Pappalardo se la proposta di riforma suddetta sia da inquadrare nell’ambito di una logica di “spending review”, come una parte dell’opinione pubblica teme, o sia una riforma strutturale epocale nel cammino verso una piena esplicazione della libertà delle merci nella loro allocazione e dislocazione, nella compiuta libertà dei traffici e delle persone.
Nella sua risposta, invero assai articolata, il dott. Pappalardo ha ricordato come l’Italia sia, in Europa, il Paese con più porti operativi, come gli stessi abbiano storicamente sopperito a carenze congenite del sistema logistico di terra ed asserendo che se uno scalo portuale “..non ha alle proprie spalle un territorio economicamente fiorente non può sopravvivere da solo, dovendo attivarsi pertanto autonomamente per attrarre i propri traffici per pensare di poter prosperare”.
In questa ottica, i finanziamenti pubblici sono vitali, specie quelli europei, pur se richiedono di sposare l’impostazione strategica che passa per le reti TEN-T e porti “Core”, se richiedono uno sforzo di razionalizzazione delle strutture logistiche e portuali in particolare, non dovendosi demonizzare termini come “Sistemi” piuttosto che “Distretti”, con sede centrale da stabilirsi “ovunque sia possibile collocare un tavolo rotondo permanente, sempre aperto cioè alle esigenze di tutto il territorio sottostante, trovando sintesi e sinergie ed abbattendo i carrozzoni”.
Turismo e traffico RO-RO tax sono due punti strategici di successo per l’Italia, la decadenza del processo di riforma in atto sarebbe di per sé un danno per il Paese.
Di analogo avviso il dott, Ricolfi che, in rappresentanza di FEDESPEDI ha sottolineato come, in un contesto di marginalizzazione dei circuiti della logistica economica italiani nel confronto con i players internazionali, probabilmente le Autorità Portuali attualmente esistenti nel Paese sono fin troppo numerose, dovendosi anche a tale circostanza la polverizzazione dei finanziamenti disponibili per ciascuna di esse e l’instaurato clima di reciproche e sterili concorrenzialità, mentre si sono persi di vista i veri obiettivi di sburocratizzazione e snellimento delle procedure “che facciano girare velocemente le merci”, ribadendo come oggi ” i porti sono dei nodi e non degli snodi”.
“La categoria è nemica del rallentamento ed è amica della velocità” ha aggiunto Ricolfi, auspicando che il “new deal” della governance dei porti italiani non generi nuova burocrazia, che si superino i vincoli alla logistica (i costi minimi di sicurezza sono stati re-introdotti, ad es.) e che nel panorama della logistica a livello continentale non si debba registrare il permanere di una “Europa a due velocità”.
Il dibattito è quindi proseguito con gli interventi dei tre presidenti delle Authority intervenuti.
Mariani, presidente dell’Authority del Levante, ha ribadito come fosse ormai necessario ed indifferibile un Piano della logistica e dei trasporti italiano di cui la portualità sia il cardine, che oculatamente scongiuri lo sperpero di risorse che si accompagna al gigantismo di infrastrutture (i porti off-shore di Venezia e Trieste ad esempio) “fuori da ogni logica di mercato”.
In una logica di sistema, è auspicabile valutare le “aree di influenza” cui volgere lo sguardo (Balcani, Nord Africa ecc.) accompagnando gli imprenditori del territorio, curando che il costo del trasporto non incida negativamente sull’intera supply-chain. “Bari e Brindisi”, ha auspicato Mariani, “..presentino una offerta omogenea per qualità e prezzi dei servizi offerti, pur nell’ambito delle peculiarità della vocazione dei singoli porti”. Fare sistema secondo Mariani vuol dire anche tendere a superare la frammentazione e parcellizzazione delle aziende del settore (oltre 124 mila aziende del trasporto sono operative nel nostro Paese, con bassi ritorni degli investimenti) ed attribuire alle Authority, oltre all’autonomia finanziaria, una forza decisionale che consenta l’attuazione di efficaci politiche di attrazione di nuovi traffici strategici dal punto di vista delle ricadute economiche sul territorio (un traffico annuo pari ad 1 milione di tonnellate annue di rinfuse di basso valore commerciale è certamente meno profittevole ed auspicabile di un traffico pari a 200 mila tonnellate di pezzi speciali, frutto di lavorazioni ad alto valore aggiunto).
Mariani ha poi proseguito rilevando come il commissariamento di numerose Authority Portuali italiane abbia determinato un deficit di credibilità presso l’opinione pubblica delle stesse Istituzioni e, augurandosi che “i presidenti non facciano solo i sindacalisti di sé stessi”, ha asserito che non è necessario tanto ridurne il numero quanto piuttosto far sì che “tutti i porti siano adeguatamente rappresentati dentro le Authority”.
Il Presidente dell’Autorità Portuale di Taranto, dott. Prete, ha rilevato come l’istituzione delle Autorità portuali, a seguito della Legge n. 84/94, si sia rivelata iniziativa lungimirante nella sua concezione, avendo inizialmente consentito un recupero dei traffici in Italia nei confronti dei porti del nord Europa, pur se la spinta iniziale è poi andata scemando negli anni, sì che una riforma della stessa si rende oramai necessaria. A tale proposito, anche il presidente dell’Autorità tarantina si è dichiarato disponibile a collaborare fattivamente al compimento di un processo in cui tutti i porti commerciali, anche di piccole e medie dimensioni della Puglia, possano trovare una forma di “governance” omogenea, in grado di assicurare certezze di flussi di investimento, di programmazione delle opere e di promozione, in senso generale, di un graduale coordinamento e aggregazione funzionale degli scali, superandone la frammentazione, al fine di competere meglio all’interno di una dimensione sempre più globale e sempre meno localistica e regionale. L’ipotesi, ventilata da alcuni, di mantenere in piedi 14 porti “core” ma prevedendo qualche eccezione, a giudizio di Prete, non coglie il segno, perché una riforma che induca a tagliare solo qualche ente senza introdurre i distretti in tutta italia, con le finalità sopra esplicitate, non avrebbe alcun senso.
A giudizio del presidente dell’Autorità Portuale di Brindisi, Haralambides, non v’è alcun dubbio che sia necessario riformare la legge 84/94, in modo concreto e definitivo, in quanto le “cattedrali nel deserto” costruite negli ultimi dieci anni al costo complessivo di oltre dieci miliardi di euro, sono la testimonianza di progetti inutili e dannosi, concepiti senza consultare chi, player privati ed operatori professionali in primis, realmente dovrebbe usufruirne. In questi anni, a fronte di tali, massicci investimenti, si è riscontrata invece una caduta dei traffici.
Secondo Haralambides, negli ultimi due anni quello di Brindisi è il solo porto in controtendenza, con un aumento dei traffici. Puntare sui distretti e sull’adeguamento al sistema di Reti Ten T puó consentire di intercettare e negoziare più facilmente con gli operatori del mercato globale.
Il giudizio sulla definizione dei porti “core” (Brindisi non sembra sia stato incluso tra gli stessi) è negativo, in quanto frutto di scelte esclusivamente politiche e non di parametri oggettivi. A dire del presidente greco, il progetto di riforma del ministro Lupi cambierà dopo le elezioni europee e sarà dissimile anche “da quello immaginato dal PD”, poiché si rivolgerà agli operatori privati e ai mercati internazionali, pertanto parlare oggi di eventuali accorpamenti non ha senso. Il vero problema sarebbe da rinvenire nella burocrazia amministrativa, poco trasparente ed al contrario assai lenta e farraginosa, mentre si tende a dimenticare che il pianificatore più efficiente è il mercato, si chè è necessario dare ai privati ed alle leggi della concorrenza il potere di decidere dove realizzare le infrastrutture, e non il contrario.
Forse la riforma Lupi concederà una “proroga”, ha sostenuto Haralambides, un determinato periodo di tempo entro il quale i porti italiani possano dimostrare effettivamente, dati di traffico alla mano, chi sia degno del ruolo di “core port” e chi no.
Haralambides ha dichiarato che saluterebbe felicemente l’ipotesi che l’Authority restasse a Brindisi ma che non passa da lì lo sviluppo del porto, dovendosi invece puntare a stimolare l’interesse degli imprenditori per recuperare trasparenza, efficienza e remuneratività e che farlo direttamente da Brindisi o altrove è meno importante.
Nell’ultima tornata di considerazioni, il dott. Malcarne, nella sua qualità di presidente nazionale di Assonautica Italiana ha dichiarato di non essere interessato a conoscere quali e quante Autorità portuali sopravviveranno alla riforma, ritenendo fondamentale invece che i porti non restino vuoti come accaduto, purtroppo, a quello di Brindisi (traffico del carbone a parte). Anche il turismo nautico può giovare all’economia dei porti pugliesi, potendosi sfruttare grandi opportunità solo a patto di fare sistema, solo se l’intero territorio cioè lavora per attrarre i diportisti, promuovendo l’offerta delle coste pugliesi a tal scopo.
La conclusione è stata affidata al sindaco Consales il quale, nel ricordare che un dibattito è di per sé sempre costruttivo, ha ammonito che il tempo delle logiche di capanile volge ormai al termine ed è necessario superare il sostanziale immobilismo ed il perdurare di contrasti tra istituzioni e stakeholders privati, al fine di incrementare le opportunità economiche nella direzione di una auspicabile ripresa del porto.
Scritto da Andrea Solimini
brindisilibera.it
TOC.. TOC… c’è qualcuno di Manfredonia a Brindisi al convegno dal titolo “La nuova organizzazione dei porti pugliesi”…. pare proprio di no….
se c’era da assegnare qualcosa a qualcuno avrebbero fatto a gara…. ma poichè si parla di porti… e guarda caso Manfredonia ne ha diversi… a quanto pare nessuno ha manifestato alcun interesse per la città che li contiene…. quindi sono semplicemente dei porti vuoti riempiti di tanta incompetenza operativa e organizzativa.