Domenica 22 Dicembre 2024

La verità sul cacciatorpediniere “Turbine”

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«In questo Golfo leggendario all’alba del XXIV Maggio 1915 mentre la nave Turbine eroicamente si sommergeva, Manfredonia prima fra tutte le città adriatiche sperimentò impavida la rabbia austriaca ed il fulgido valore Italico». Questi versi scritti da Luigi Siciliani, che sublimano l’eroica fine di una nave da guerra italiana durante il conflitto austro ungarico sono scolpite su di una lapide situata in Piazza Marconi ed offerta dalla di Città di Manfredonia a ricordo del fulgido atto di coraggio dei nostri marinai. Purtroppo molte inesattezze sono state scritte su questo avvenimento al punto da costituire un vero attentato all’eroismo della nostra Marina. In particolare, nel fare cenno all’episodio si dice tra l’altro:Il Comandate Bianchi a bordo del Cacciatorpediniere Turbine Manfredonia «Il nostro caccia venne colpito ripetutamente in varie parti; poi alle caldaie di poppa e di prua. Ripiegò su di un fianco. Fu la fine. Il comandante Bianchi, colpito di striscio alla testa, perse per un istante la conoscenza. Quando si riebbe capì che non c’era più niente da fare. I morti e i feriti abbondavano intorno a lui, fece alzare bandiera bianca e ordinò di abbandonare la nave”. Queste notizie sono state riprese da una lettera fornita dall’Ambasciata d’Austria in Italia datata 11 maggio 1967. Evidentemente, quanto riferito dall’Ambasciatore, non è stato altro che frutto della propria immaginazione, o quanto meno, avrà consultato prima l’Almanacco 1929 della Jadranska Staza (La sentinella dell’Adriatico) edito in Jugoslava, nel quale si legge: ”Il defunto comandante Vukovic, il primo giorno di guerra dell’Austria – Ungheria con l’Italia, il 24 maggio 1915, durante un attacco della flotta austriaca comandava un cacciatorpediniere che nelle vicinanze delle Isole Tremiti attaccò il caccia italico «Turbine» agli ordini del comandante Bianchi. Dopo i primi colpi di cannone il caccia italiano alzò bandiera bianca e si arrese”. La verità è ben altra! Da queste colonne desideriamo fare piena luce su di un episodio che offusca una delle pagine più belle di eroismo della Marina italiana. Ne “Il Giornale d’Italia di circa ottant’anni or sono, Virginio Gayda scrisse: “All’apertura delle ostilità, 24.5.1915, il cacciatorpediniere si trovava in crociera nel Basso Adriatico. Attaccato da un incrociatore e quattro cacciatorpediniere nemiche accettò da solo la battaglia, combattendo quattro intere ore dalle 3.10 alle 7.00. Ma ben presto la sua inferiorità dinanzi alle cinque unità nemiche di tipo più moderno e di maggiore tonnellaggio. Colpita in più parti vitali, la nave italiana rimaneva immobilizzata continuando a difendersi con il cannone. Esaurite le munizioni, con quasi metà dell’equipaggio morto o ferito, il comandante, anch’egli ferito, ordinò che si aprissero i kingstons e si affrettasse l’affondamento, e così la piccola nave italiana combatté e morì”. Queste notizie sono avvalorate maggiormente dai rapporti delle navi avversarie che parteciparono al combattimento. Lapide del Cacciatorpediniere Turbine in Piazza Marconi ManfredoniaDifatti, nel rapporto dell’esploratore austriaco Helgoland è detto: “Il cacciatorpediniere nemico rispose subito al fuoco dei nostri caccia. Se si considera la grande distanza, il suo fuoco era ben diretto e i proiettili cadevano in prossimità delle nostre unità”. In quello del Csepel è detto tra l’altro: “I proiettili nemici cadevano vicino a noi, uno di essi cadde rasente la prua sollevando una colonna d’acqua che bagnò la plancia”. La prova più valida pensiamo sia quella riportata dalle conclusioni del rapporto dell’esploratore austriaco Helgoland che dice: “Poiché le unità navali austriache avevano intenzione di sbarrare il passo verso Nord all’Helgoland e ai nostri caccia era necessario non perdere più tempo. Si abbandonò quindi il Turbine con una forte inclinazione a sinistra tutto traforato e ardente”. Da questa documentazione si può ravvisare l’inoppugnabilità di quanto avvenne quel fatidico giorno. E’ dunque ben chiaro che il Turbine combatté eroicamente.

Matteo di Sabato

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Commenti

  • E’ difficile ammettere le proprie sconfitte. Così è stato per l’imperial-regia marina austro ungarica, specie di fronte ad un avversario ritenuto pavido e comunque inferiore. Una piccola nave avrebbe dovuto arrendersi di fronte ad una forza navale soverchiante per tonnellaggio e cannoni. Non è stato così, non sempre ci si trova nelle acque di Lissa (1866), e la torpediniera Turbine difese il proprio onore e quello d’Italia, sacrificandosi per la Patria.

    tiger 31/03/2014 16:29 Rispondi

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