Per tutti oggi è l’8 Marzo, la giornata internazionale della donna o, come ormai è comunemente nota, la “festa della donna”. In tv prevalgono gli spot dei cioccolatini ed ogni donna riceverà il suo bel mazzettino di mimose (e qualcuna poi lo posterà anche su facebook). E poi? Tutto come prima?
Secondo i dati dell’UDI (unione donne d’Italia), nel 2013 sono state ben 130 le donne uccise da un uomo. Si è addirittura coniato un nuovo termine per definire questo tipo di eventi, il cacofonico “femminicidio”. Nel 48% dei casi “l’uomo nero” è il marito, nel 12% il convivente nel 23% l’ex. Insomma, per la stragrande maggioranza dei casi, il delitto è avvenuto in famiglia o comunque nell’ambito delle relazioni affettive più strette. Questo vuol dire che le vittime preparavano al loro assassino la cena, gli stiravano i vestiti e gli lavavano le mutande. E poi, vuol dire che giorno dopo giorno sopportavano piccoli o grandi gesti di violenza. Infatti, le statistiche ci dicono che i “femminicidi” sono solitamente preceduti da denunce di vario genere. E allora, anche se qualcuno dei lettori storcerà il muso, mi chiedo e vi chiedo: possiamo davvero parlare di donne solamente “vittime indifese?”. Perché una donna che denuncia quell’uomo poi continua a viverci sotto lo stesso tetto? Perché non abbandona chi la maltratta oggi e rischia di ucciderla domani?
Chiaramente, le risposte sono molto ampie e vanno al di là delle innegabili difficoltà economiche e della mancanza di un adeguato sostegno su questo genere di problematiche. Da tempo però, l’immagine sociale del fenomeno sembra essere questa: una donna vittima indifesa di un uomo violento e cattivo. Vedete, l’idea di definire una donna semplicemente una “vittima indifesa” buona e debole ed il suo persecutore semplicemente un “maniaco” violento e cattivo mi da un po’ la sensazione che si stia cercando di semplificare oltremodo la realtà delle cose. E attenzione, in determinati periodi può far comodo la semplificazione all’interno della società. Soprattutto quando la risposta che si vuole offrire alla gente sono le “spallucce”. Pensiamoci. Davvero il bel principe si alza una bella mattina e diventa improvvisamente un brutto orco? La realtà è, come sempre, più articolata: ogni donna uccisa è stata prima una donna maltrattata. Una donna che quindi avrebbe potuto scegliere di ribellarsi e difendere se stessa ed i propri figli. Ogni uomo violento è stato a sua volta un bambino umiliato, nel cui contesto familiare o sociale la violenza era sopportata o comunque tollerata e non condannata. Dietro una donna che non si ribella, spesso c’è un’anima che non è consapevole del valore della sua vita e anche del dovere morale che ha di ribellarsi per dare il buon esempio ai bambini che crescono intorno a lei. Dietro ogni uomo che maltratta, c’è un’anima che non ha ricevuto il rispetto che adesso non sa dare, un’anima che può continuare a far del male, ma anche un’anima che, a volte, può scoprire un altro modo di esprimere le proprie ragioni.
A questo punto, c’è 8 Marzo e 8 Marzo. Ci sono due modi per passare la giornata internazionale della donna:
- La versione semplice: donna “vittima indifesa” ed uomo “violento”. Regalate e sventolate mimose per poi tornare alla vita di tutti i giorni. Tanto non si può fare nulla dato che le donne sono solo vittime senza alcun potere e gli uomini orchi cattivi.
- La versione “strana”. Quella che forse spiazza un po’ perché non c’è nessuna principessa da salvare come nei videogames anni ‘80 e nessun cattivo da sconfiggere come ci hanno fatto vedere nei cartoni animati, ma persone forti e fragili al contempo, buone e cattive nello stesso tempo. Quest’ultima visione delle cose, ci permette di approfittare di questa giornata per vedere nelle donne la forza di cui necessitano per dire basta e negli uomini la dolcezza per smetterla. Ma soprattutto, questa versione ci permette di comprendere che la violenza sulle donne si sconfigge con l’esempio che diamo giorno per giorno, insegnando ORA ai nostri figli, i futuri uomini e le future donne, ad essere artefici del proprio destino e consapevoli del potere di agire (o reagire) al comportamento altrui. Buon 8 Marzo.
Roberto Talamo
Dai commenti poco seri e ancor meno pesati potrei dire che il problema oltre ad essere individuale e quindi della donna vittima e ancor piu della societa che prende troppo spesso sotto gamba quello che e un vero e proprio problema sociale usandone solamente la parte da spettacolarizzare e dopo un po di FATTO DEL GIORNO E ODIENS TUTTO SI DIMENTICA E SI ASPETTA IL PROSSIMO SCOOP LA PROSSIMA VITTIMA caro sociologo ha ragione ce 8 marzo e 8 marzo
Raffaella…accidt!!!
Caro Sociologo,io invece l’ho colto il senso della festa!!;-)birra a fiumi…jejejejejeje
Sinceramente non credo lei abbia colto il senso di quanto scritto. Ha ragione. Che depressione…
Si pero senza mimose che depressione