“I giornali di oggi saranno il rivestimento della pattumiera di domani” (dal film Notting Hill)… e invece no, dovremo necessariamente cambiare le nostre abitudini, le sane abitudini parsimoniose dei nostri nonni. Il consumismo dovrà cedere il passo al riciclo, al riuso degli oggetti, ma soprattutto della materia. La carta in questo senso ha un ruolo fondamentale, vuoi per la sua origine, vuoi per la sua duttilità. Una volta libro, quotidiano, rivista, oggi presta la sua essenza a maestri che la amano e le danno nuova vita creando opere stupende che fin troppo a lungo nei secoli sono state poco esaltate e poco valutate. Bisogna pensare che i nobili prima del Rinascimento la chiamavano Arte Povera proprio per la sua provenienza, infatti la cartapesta (ottenuta dal procedimento di macerazione di carta con materiale collante) veniva utilizzata nelle chiese per riprodurre i santi, gli allestimenti teatrali, dagli africani per le maschere esorcizza mali, dai cinesi per bauli, oggetti di arredo e interni di imbarcazione, vista la leggerezza della stessa. La sua diffusione in Italia è arrivata da maestri senesi come Donatello, Bernini e Jacopo della Quercia. A Manfredonia, nell’auspicarci a breve un’accademia di arte della Cartapesta, esistono artisti che della cartapesta hanno fatto non solo un mestiere, ma una ragione di vita. Tra questi c’è Matteo Trotta. Figlio di un ebanista, è vissuto in bottega e ha respirato l’odore del legno, dunque nel suo DNA, va da sé, la carta ricopre una grande importanza. Prima pescatore, poi agente di commercio, nel 1970, ancora 15enne, fa la sua prima esperienza con delle creazioni di cartapesta nei gruppi mascherati. Utilizza le carte smaltite per oggetti artistici ma anche, e soprattutto, per i Carri allegorici del nostro Carnevale. Ha collezionato parecchie vittorie con la sua collaudata squadra di amici, l’Associazione “Compagnia del Carnevale”, seguendo il senso del taglio della carta, che tra le sue mani si fa plasmare, arrendevole si lascia lavorare e diventa scultura. Strati e strati di colla e carta, carta e colla senza stancarsi, inseguendo pieghe, solchi, venature. L’odore della carta per i puristi del libro è inebriante, e se si entra nel laboratorio di Matteo Trotta quell’odore si sente ancora mescolato a quello della colla e del gesso, odori che entrano nella testa per non abbandonarti più. Dunque carta con dentro una storia scritta… storia che continua sul viso de Ze Pèppe che ogni anno cambia forma e abito, per il quale puntualmente i maestri dell’arte povera danno il meglio di sé, costruendo meravigliosi esemplari che sfilano sotto gli occhi estasiati di tutti coloro che restano in attesa, anno dopo anno, di qualcosa che li meravigli ancora… e la magia puntualmente si ripete. A proposito, anche il giornale che state leggendo avrà vita nuova se passerà da mani coscienziose che avranno cura di smaltirlo negli appositi contenitori.
Tiziana Gagliardi