“Sono mesi che non facciamo più il paptest, qui registriamo solo le prenotazioni per l’esame”.
E’ la disarmante quanto inimmaginabile risposta che una signora ha avuto al Consultorio Familiare dell’ospedale di Manfredonia, presso il quale si era recata per sottoporsi a quell’esame. Una prima immediata considerazione è: ma il CUP (sito nel padiglione accanto) a che serve? Misteri, ma non tanto, della sanità quanto meno quella riferita a Manfredonia.
Il Comprensorio familiare è una struttura allocata in uno dei nuovi padiglioni dell’ospedale San Camillo De Lellis facente parte della ASL FG. Un impianto moderno, con ampi locali e suppellettili fiammanti, realizzato naturalmente con fondi pubblici, cioè del contribuente, che pare serva a tutto meno che allo scopo primario per il quale è destinato. Istituiti nel 1974 con la legge 405, i Consultori familiari hanno competenze multidisciplinari determinanti per la promozione e la prevenzione nell’ambito della salute della donna e dell’età evolutiva. Il Pap test è di fondamentale importanza per una corretta ed efficace prevenzione. Attraverso quell’esame si indaga infatti sulle alterazioni delle cellule dell’utero e consente pertanto di capire se vi è il rischio di sviluppare un cancro.
Anche questo servizio di supporto alla salute delle donne di Manfredonia e dei vari centri del Gargano, è quanto meno sottovalutato, scaricato sull’ambulatorio dell’ospedale dove viene effettuato il prelievo del campione (dopo gli impegni sugli interni dell’ospedale) che poi viene inviato all’ospedale di San Giovanni Rotondo per l’esame citologico. La donna che volesse sottoporsi a quell’esame deve eseguire quella trafila defatigante e niente affatto edificante. Un percorso contorto nelle tappe e nei tempi con tutte le incognite che i vari passaggi attivano. Non meno laboriosa è l’iter per la mammografia, altro esame importantissimo per la prevenzione di tumori. Un medico è in sede solo due volte alla settimana mentre il radiologo dell’ospedale assicura una seduta a settimana. Insomma, campa cavallo.
Perché una donna dovrebbe recarsi all’Ospedale di Manfredonia e affrontare un percorso ad ostacoli per degli esami semplici nella loro esecuzione tecnica e medica? Infatti la signora di cui innanzi ha tagliato corto ed è andata direttamente a San Giovanni Rotondo. Altre vanno altrove. E chi non si può permettere per tante ragioni di affrontare una spesa e uno strapazzo, che fa? Rinuncia.
Ecco come viene assicurata la prevenzione a Manfredonia. Ecco come ti creo le premesse per arrivare al fatto compiuto della soppressione del servizio. Esempio eclatante è la chiusura del Punto nascite del San Camillo. Un provvedimento sul quale pesa peraltro l’ombra di un errato calcolo delle nascite effettive avvenute in quell’ospedale. E ginecologia?
Sono solo degli esempi di soppressioni esplicite: ce ne sono altre in odore di eliminazione più o meno mascherate. Chirurgia, per esempio. I posti letto segnati sulla carta sono 24, ma solo 12, sei per gli uomini e sei per le donne, sono effettivi di quel reparto: gli altri dodici sono virtuali distribuiti in altri reparti classificati come Day surgery, per interventi cioè senza ricovero. Saranno questi i primi a cadere nella prospettiva non peregrina di ulteriori tagli alla sanità come fanno presagire le intenzioni della ministra alla salute (se sarà come sembra, confermata) e come certamente decideranno i competenti esecutori regionali e provinciali pur di salvare altre strutture. E che dire dell’UTIC, un reparto di eccellenza, declassato ad Area critica (che significa?) e dunque al limite dell’esistenza. Occorrerà poi spiegare perché reparti del tutto uguali in altri ospedali della provincia mantengono la classificazione di UTIC. E se si considera che i ventisei posti letti di Riabilitazione e Lungo degenza, sono sulla carta, si comprende bene che quei 156 posti letto previsti dal Piano di rientro regionale, non mettono affatto al sicuro l’ospedale di Manfredonia dal rischio di un ridimensionamento radicale.
Una prospettiva suffragata, altro segnale allarmante, dalla mancanza ormai congenita, della fondamentale figura del primario in diversi reparti: dei dodici operanti solo tre hanno il primario, in altri figura, facente funzione, il direttore sanitario. Mancano inoltre i dirigenti sanitari, funzione demandata a infermieri. A parte la deontologia professionale, non pare proprio una situazione seria. Una miriade di campanelli d’allarme che dovrebbero indurre a non continuare a dormire sugli allori e sulle promesse.
Michele Apollonio
Siamo alle solite. E’ davvero stupefacente, ovviamente in senso negativo. E’ urgente interpellare al riguardo il Direttore Generale della ASL FG, Ing. Attilio Manfrini ed il Direttore Sanitario della stessa ASL ( che non è il Direttore dell’Ospedale!!). Il Sindaco e gli Assessori Regionali, si facciano dare delle risposte urgentemente ed intervengano per eliminare simili inconvenienti consoni solo ad un paese in via di sviluppo.