Descrivere l’artista Giuseppe (Peppino) Palomba è alquanto difficile. Perchè? Perchè è un eclettico. Charles Baudelaire, in “Dell’eclettismo e del dubbio” (del 1846), diceva: “Un eclettico è una nave che vorrebbe procedere con quattro venti”. In queste poche righe cercherò, tuttavia, di esprimere qualche riflessione sul modo di poetare del caro amico Peppino. La recentissima silloge di poesie Le voci di dentro è un agile quanto elegante volumetto pubblicato da “Andrea Pacilli Editore”. In esso vi sono un paio di cose che più di tutto colpiscono. La non comune capacità di scrittura del nostro (capacità, come risaputo, che non viene da sé) e il netto rifiuto di quelli che egli definisce “funambolismi linguistici, schemi artificiosi d’ogni sorta”. Ebbene, i suoi versi dialettali – seppure totalmente liberi dai “lacci” della metrica – hanno quasi sempre la stessa elevata dignità letteraria e culturale di quelli in lingua. Palomba scrive nel dialetto di Manfredonia, con la stessa naturalezza con cui scrive in lingua. Forse ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che il “dialetto” è – tutto sommato – una “lingua”. La pensa così anche il Prof. Francesco De Renzo (Professore aggregato di “Didattica delle lingue moderne” presso il Dipartimento Iso della “Facoltà di Lettere e Filosofia” – Università “La Sapienza” di Roma) collaboratore, in varie attività, dell’illustre linguista Tullio De Mauro. Ciò si evince chiaramente dal seguente brano tratto da “Franco De Renzo – Enciclopedia dei ragazzi – Treccani (2005)”: “Ma i dialetti sono lingue soprattutto perché, così come tutte le altre lingue, sono in grado di esprimere qualsiasi cosa. Molti pensano che con il dialetto si possa parlare solo delle cose più comuni come fare la spesa, commentare le partite di calcio, scherzare con gli amici. Ma questo non è vero: esiste infatti una tradizione di uso del dialetto anche in attività considerate ‘elevate’, come per esempio in letteratura”. Nella raccolta in questione, sempre in riferimento ai componimenti nel dialetto di Manfredonia, vi è anche qualche cosiddetto “bozzetto paesano”. Esso serve, più che altro, a riallacciarsi alla tradizione della poesia dialettale italiana dell’Ottocento e degli inizi del Novecento. Riguardo ai disegni che corredano “Le voci di dentro” non posso che rilevare quanto segue: sono lo specchio dell’animo nobile del loro Autore. Ciò dimostra incontrovertibilmente che Giuseppe Palomba, negli anni, è riuscito a mantenersi coerente con il suo “io”, la sua indiscussa personalità artistica. Le sue illustrazioni sono semplici, suggestive e ispirate ad alti valori umani, cristiani nonché alle tante peculiarità della sua (nostra) identità culturale. Fra le tavole – a me più gradite – quelle raffiguranti, rispettivamente, una donna folle che stringe al petto un pupo di stracci “un pupo di stracci / stringeva al petto” e un gruppo di pellegrini in preghiera “Brulicava il monte / di pellegrini oranti”. Quest’ultima (tavola) è inevitabilmente ed indiscutibilmente un omaggio al monte dell’Arcangelo ossia al suo paese natìo Monte Sant’Angelo sul Gargano. Anche i disegni di Peppino Palomba, dunque, rispecchiano pienamente l’uomo e l’artista, di cui mi onoro di essere amico da più di vent’anni, e sono la prova provata dell’esistenza, in questa nostra non sempre riconoscente Terra di Puglia, di artisti di rango.
Francesco Granatiero